Condividi
Booking e il contenzioso con il fisco italiano
Alla fine, dopo cinque anni di indagini, arriva l’accordo: il colosso degli affitti online Booking.com versa al fisco 94 milioni di euro e chiude la partita aperta con l’Agenzia delle Entrate.
Questo ha permesso di risolvere una controversia fiscale relativa alla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA per gli anni dal 2013 al 2021. L’azienda ha così evitato il sequestro. La scoperta dell’evasione fiscale è stata effettuata dalla Guardia di Finanza di Chiavari, sotto il coordinamento della procura di Genova.
A renderlo noto è stata la stessa procura del capoluogo ligure, che ha spiegato che “le indagini avevano accertato che Booking.com fatturava le prestazioni di intermediazione online rese in favore di tutti gli albergatori/affittacamere senza percepire la relativa Iva ed applicando per tutti i clienti italiani, indistintamente, il cosiddetto meccanismo del reverse-charge, in forza del quale l’Iva su ciascuna prestazione è dovuta non dal fornitore ma dal committente (cioè, nella specie dall’albergatore o ‘affittacamere’) ma solo se titolare della relativa partita”.
La generalizzata applicazione da parte della società del regime del reverse charge anche nei confronti degli inserzionisti privi di partita Iva “non veniva considerata corretta – si legge ancora nella nota della procura – in quanto soltanto gli albergatori/affittacamere che ne siano titolari possono avvalersene. Nei confronti del consistente numero di albergatori o ‘affittacamere’ privi di partita Iva , Booking ometteva di emettere fatture con imposta sul valore aggiunto italiana e di presentare quanto alle annualità dal 2013 al 2021 la dichiarazione annuale a fini Iva”.
In una dichiarazione inviata alla stampa, Booking afferma “siamo quindi lieti di esser giunti a questa risoluzione e di poter continuare a concentrare tutti i nostri sforzi e la nostra attenzione per offrire servizi di massima qualità ai nostri clienti e partner in Italia”.